3 giornalisti arrestati in Afghanistan, 2 ad opera delle Forze di assistenza per la sicurezza internazionale (Isaf), 1 dalle Autorità locali. Tutti accusati di essere in contatto con i Talebani.
4 cronisti messicani dopo aver subito minacce di morte chiedono asilo politico negli USA. Sono il direttore di una stazione radio e giornalista a capom dell'associazione locale die giornaisti, un giornalista di Al Jazeera, già collaboratore dell'Associated Press e un corrispondente di Al Jazeera.
2 giornalisti marocchini, sono, invece, richiusi nel loro albergo nel sud dell'Algeria e sottoposti a lunghissimi interrogatori dalle Autorità Algerine. Sono giornalisti del settimanale Assahra Al Ousbouaia.
2 blogger detenuti in Iran rischiano la pena di morte per accuse totalmente infondate.
Altri 2 blogger stanno scontando una pena di 24 e 30 mesi in Azerbajjan. Sono rinchiusi dal luglio 2009.
Si potrebbe continuare, secondo il barometro di Reporters sans Frontieres nel 2010, i giornalisti detenuti sono 157 e 112 i blogger.
Reporters sans frontières (Rsf) richiede ai responsabili l’immediato rilascio dei tre giornalisti, colpevoli di essere in contatto con i Talebani. “Vogliamo sottolineare che i giornalisti hanno il diritto di parlare con tutte le parti del conflitto – spiega l’organizzazione – e non devono essere arrestati perché fanno ciò. In tutti e tre i casi, giornalisti impegnati in province difficili sono stati trattati come pericolosi criminali”. Mentre scrivo apprendo, proprio dal sito di Rsf, che i giornalisti sono stati liberati su richiesta del presidente Hamid Karzai.
La Federazione internazionale dei giornalisti Ifj a proposito dei due reporter richiusi in Algeria afferma:”Le autorità algerine devono rispettare il diritto alla libertà di movimento dei giornalisti nel paese – sostiene Younes Mjahed, vice presidente senior della Federazione internazionale dei giornalisti (Ifj) – Il trattamento dispensato ai nostri colleghi è inaccettabile. Costituisce una violazione alla libertà di stampa e mostra un atteggiamento repressivo con professionisti che stanno solo compiendo il proprio lavoro. Abbiamo fatto appello alle autorità in Algeria fin dal primo giorno in cui sono stati fermati affinché i nostri colleghi vengano rilasciati. Sfortunatamente, sono ancora sotto custodia e subiscono interrogatori ogni ora da parte di diversi ufficiali della polizia e militari. Questa situazione deve finire”.