31 ott 2011

INFORMAZIONE. Può essere così difficile una cosa così semplice?

Leggendo tutti i giorni i giornali, siano essi stampati o online, mi rendo conto, sempre più, che in realtà, quella che il pubblico riceve è parte di una notizia. Quella parte che fa più comodo a quella testata. Un'altra testata racconterà presumibilmente l'altra parte della notizia ad essa più funzionale. Non ho certo scoperto l'acqua calda, ma siamo sicuri che tutti i lettori ne siano consapevoli? Mi pare strano che se così fosse non si siano ancora alzate voci e urla a cercare fatti nel marasma a disposizione.
Perché è così difficile fare una cosa così semplice come descrivere un fatto e poi commentarlo?


Inseguire l'oggettività/obiettività è cosa, ormai chiaramente utopica. Il commento va bene, ma per dire una cosa vecchia quanto il giornalismo, i fatti vanno separati da esso.
I commenti, secondo me, sono fondamentali e aiutano a creare un'opinione pubblica. Sono fondamentali se presi in considerazione per quello che sono, cioè opinioni. Il lettore dovrebbe avere a disposizione la semplice, lineare e chiara descrizione dei fatti seguita dal commento con cui trovarsi o meno d'accordo.

In Italia non si tratta di fare controinformazione ma di fare informazione e basta. Ciò significa che bisogna - oltre a dare notizie - informare chi legge riguardo a chi è colui che gli riporta quel fatto, di quale giornale si tratta, chi è il proprietario.
I nuovi media vanno sfruttati al meglio per fare informazione davvero. Possono essere una strada per arrivare a tutti.

Qualcuno ribatterà che quanto scritto sono cose ovvie, trite e ritrite, è vero. Ma è cambiato qualcosa dalla prima volta che hai sentito questa lamentela? Un ripassino non fa mai male...

1 commento:

  1. Cara Claudia quello che leggiamo è il prodotto finale del fatto trasformato in notizia dai giornalisti (e oggi dai blogger). Quello che ci sfugge (salvo ai lettori più consapevoli, sociologicamente costruiti) è il processo che sta dietro al prodotto. Il doppio processo: il primo che ha determinato la costruzione del fatto o dell'evento e il secondo - quasi sempre figlio di un'inferenza rispetto al primo - da parte del giornalista. Di cui ignoriamo i valori-notizia e i criteri di newsmaking che stanno alla base delle sue scelte. Se a questo aggiungi che alla maggior parte dei giornalisti (e alla quasi totalità dei blogger) piace fornire opinioni e non informazioni - che sono alla base della catena semiotica: dato/informazione-fatto-opinione, ecco spiegato quello che tu hai colto.

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