Leggendo questa
riflessione di Guido Scorza , aldilà della vicenda giudiziaria, tre sono i punti su cui mi vorrei soffermare.
1.LA DOMANDA DA PORSI
2.STIAMO ESERCITANDO ABUSIVAMENTE LA PROFESSIONE?
3.LA TUTELA E SALVAGUARDIA DELLA PROFESSIONE
Confesso, leggendo, un po' di risentimento, per il non riconoscere la
professione come tale, l'ho provato. Rimane fermissima, però, la
convinzione che se chiunque è libero di esprimere un'opinione, raccontare un fatto a cui si assiste dal suo punto di vista, di pubblicare ciò che vuole, allora va riconosciuto che i fondamenti della
professione giornalistica vanno conservati e ricercati.
Ripeto i fondamenti (ne indico qualcuno così per non perdere il vizio...funzione sociale, mediazione fra fonte e destinatario, ruolo di servizio, imparzialità, accuratezza, chiarezza...) vanno conservati, tutelati e ricercati. Ma il giornalista, se vogliamo metterla in termini di tesserini e riconoscimenti, ne deve aggiungere altri di 'tessere', deve darsi altri nomi - visto che ci piace così tanto sventolare titoli - ma deve soprattutto acquisire
nuove competenze e vivere nel presente, nel
cambiamento in corso.
E' ovvio che INNOVARSI, VEDERE COSE DIVERSE non significa NON fare giornalismo, non essere obbiettivi e non esercitare la libertà di stampa. Nel caso del giornalismo digitale, più che mai, ciò che non si conosce fa paura e viene giudicato a priori, come sbagliato.